Nato, la Spagna raggiungerà l’obiettivo del 2 per cento del Pil in difesa entro il 2025

Aprile 22, 2025 - 18:30
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Nato, la Spagna raggiungerà l’obiettivo del 2 per cento del Pil in difesa entro il 2025

Bruxelles – Alla fine anche la Spagna ha ceduto alle pressioni di Donald Trump. Appena un paio di mesi dopo aver annunciato che avrebbe raggiunto l’obiettivo (concordato in sede Nato) del 2 per cento del Pil in spese per la difesa entro il 2029, il premier socialdemocratico Pedro Sánchez ci ha ripensato e ha corretto il tiro. Ora, Madrid punta a centrare il target entro la fine dell’anno.

Era metà febbraio quando, in controtendenza rispetto a tutti gli altri membri dell’Alleanza, il primo ministro socialista annunciava che il governo spagnolo avrebbe usato tutto il tempo da qui alla fine del decennio per aumentare gradualmente il proprio bilancio militare al 2 per cento del prodotto interno lordo.

Tale obiettivo era stato fissato a livello politico dai partner della Nato nel lontano 2014 – dopo che la Russia di Vladimir Putin aveva annesso unilateralmente la penisola di Crimea e sostenuto i separatisti ucraini nel Donbass – per poi venire tradotto in obiettivo vincolante nel 2022, durante il summit tenutosi proprio a Madrid in cui, peraltro, erano state formalmente invitate Finlandia e Svezia all’interno dell’Alleanza. Ma, come certificato dal segretario generale Mark Rutte lo scorso dicembre, ora il 2 per cento non basta più.

E così Sánchez ha presentato oggi (22 aprile) il “piano nazionale per lo sviluppo e la promozione della tecnologia di difesa e sicurezza“, col quale mette sul tavolo 10,47 miliardi di euro entro la fine del 2025, da spendere principalmente per espandere le dimensioni delle forze armate, acquistare nuove attrezzature e ammodernare le infrastrutture tecnologiche (soprattutto per quanto riguarda la rete satellitare, l’intelligenza artificiale e la cybersicurezza). Il bilancio per la difesa salirà così alla cifra record di 33,12 miliardi.

Pedro Sánchez
Il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez (foto: European Council)

Il leader del Partito socialista (Psoe) ha chiarito che questi soldi arrivano da fondi inutilizzati del NextGeneration Eue da altre voci di bilancio dell’anno fiscale 2023, e non richiederanno dunque né dolorosi tagli alla spesa sociale né finanziamenti in deficit. Peraltro, trattandosi sostanzialmente di una riallocazione di risorse già stanziate, non sarà necessario passare per l’approvazione del Parlamento, un passaggio potenzialmente stretto per l’esecutivo di minoranza che dipende dall’appoggio esterno di sinistra radicale e indipendentisti.

Il primo ministro ha riconosciuto divergenze di vedute con il junior partner della coalizione di governo, Sumar, soprattutto per quanto riguarda gli investimenti in armamenti. Ma ha garantito che c’è “consenso” sull’obiettivo e sulla maggior parte dei punti del piano, strutturato in cinque sezioni, e ha assicurato che il Pil nazionale ne beneficerà con un aumento compreso tra lo 0,4 e lo 0,7 per cento, il che permetterà all’economia di conoscere una nuova fase di “reindustrializzazione”.

Il tempismo dell’annuncio non è casuale: domani scade il termine ultimo entro il quale i membri Nato devono notificare i propri piani di spesa per l’anno corrente. Su tali piani si incentreranno poi le discussioni al prossimo vertice dell’Alleanza, in calendario per fine giugno all’Aia.

Ad oggi, la Spagna è il membro dell’organizzazione che spende meno per la propria difesa in rapporto al Pil. Le stime per il 2024 parlano dell’1,28 per cento, per un valore di oltre 17 miliardi di euro. Insieme a Madrid, ci sono altri sei Paesi che non hanno ancora raggiunto il target del 2 per cento: sei membri Ue (Belgio, Croazia, Italia, Lussemburgo, Portogallo e Slovenia) più il Canada. Durante la sua recente visita a Washington, la premier italiana Giorgia Meloni ha promesso che Roma arriverà all’obiettivo entro il summit dell’Aia.

Giorgia Meloni Donald Trump
ll presidente statunitense Donald Trump accoglie la premier italiana Giorgia Meloni nello Studio ovale, il 17 aprile 2025 (foto via Imagoeconomica)

Sánchez si è così trovato sotto una crescente pressione internazionale per adeguare la spesa di Madrid a quella degli alleati, soprattutto nella prospettiva di un potenziale disimpegno degli Stati Uniti dal Vecchio continente (prospettiva che, in effetti, sembra più reale che mai). Col suo piano ReArm Europe, Ursula von der Leyen ha già dato ai Ventisette carta bianca per aumentare le proprie spese in difesa senza incorrere in procedure d’infrazione a norma del Patto di stabilità e crescita.

Del resto, la Casa Bianca guidata da Donald Trump sta esortando da tempo i partner europei a prendersi carico direttamente della propria sicurezza, oltre che della gestione della pace in Ucraina una volta che saranno terminate le ostilità, prospettando nuovi parametri di spesa militare fino al 5 per cento del Pil (un obiettivo che nemmeno gli Usa raggiungeranno tanto facilmente, destinando per ora alla difesa meno del 3,4 per cento). Per il momento, appare più verosimile che all’Aia il tycoon chieda di raggiungere almeno il 3 per cento, con buona pace per gli alleati che, come Roma e Madrid, stanno già arrancando per arrivare a quota 2 per cento.

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Redazione Italia24 News